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Un altro orso morto in Abruzzo

Il cadavere nelle campagne, dove ieri un animale è arrivato vicino a un pollaio.
I piccoli dell'orsa Daniza sono insieme. L'esperto: possono vivere, ma rischiano

Un altro orso morto in Abruzzo  Bf9b8a950e1ebe131e29a2007565340c-khnD-U43030779390004VmG-593x443@Corriere-Web-Sezioni

Un bambino avanza in bicicletta su una stradina poderale. Lo sguardo plana sulla boscaglia lungo il percorso. Alberi, cespugli, erba alta e altri alberi. Finché gli occhi non si fermano su una sagoma scura. È un orso, e non dà più segni di vita.
È cominciata così, ieri mattina, un’altra giornata di lutto per la popolazione dei plantigradi nel nostro Paese. Dopo Daniza, uccisa da un anestetico in Trentino, ecco un altro orso morto, stavolta in Abruzzo, nella piccola comunità di Pettorano sul Gizio (Sulmona), appena fuori dai confini del Parco nazionale d’Abruzzo. Maschio della specie bruno-marsicano, circa tre anni di vita e un centinaio di chili di stazza, questo plantigrado è morto per motivi ancora sconosciuti. Ma la giovane età e la coincidenza con alcune incursioni di orsi proprio in quella zona nei giorni precedenti, suggeriscono l’ipotesi dell’avvelenamento. Lo dirà l’autopsia nei prossimi giorni, mentre in Abruzzo come in Trentino, ciò che queste morti in sé raccontano è già chiaro a tutti: la grande difficoltà della convivenza uomo-orso.
Nel giro di due giorni la somma delle preoccupazioni umane ha dato come risultato una mamma uccisa durante la cattura, i suoi due cuccioli che vagano soli nelle valli trentine rischiando di non passare l’inverno e (se fosse confermato l’avvelenamento) un marsicano ammazzato per la paura di ritrovarselo di fronte, fuori casa, o la rabbia di vederlo sbranare gli animali domestici.

In Abruzzo vivono una settantina di orsi, alcuni censiti e controllati con il radiocollare, altri no. Da mesi agli abitanti di Pettorano capita di vederne spingersi fino in paese e cercare cibo fra i pollai delle fattorie. Domenico Ventresca è diventato il portavoce della gente scontenta che non si sente al sicuro. Dice che «li hanno abituati con mangime a base di pollo e ora vengono qui a cercare quel sapore uccidendo galline». L’altro giorno Antonio Centofanti, un altro dei valligiani del paese, era nella sua fattoria quando ha sentito un gran rumore arrivare dal pollaio, appunto. È uscito e si è ritrovato davanti a un orso in piedi sulle zampe posteriori. Ha indietreggiato, è caduto, ha battuto la testa ed è finito all’ospedale. Aveva più di un motivo per essere quantomeno risentito da quell’esperienza: per questo gli uomini dell’ispettore Renato Rampini, del Corpo forestale dello Stato, hanno immaginato la possibilità che l’orso sia stato poi avvelenato da qualcuno del posto e hanno iniziato le indagini sentendo proprio lui. «Solo coincidenze, io non ho avvelenato nessuno» si è difeso. «Non è per gli animali sbranati. Noi qui abbiamo i bambini e la situazione è diventata pericolosa», spiega sua figlia.

La sicurezza dell’uomo prima di tutto. È la logica che ha convinto la Provincia autonoma di Trento a catturare Daniza dopo l’attacco di ferragosto contro il cercatore di funghi. Ma Daniza è morta e mentre gli esami scientifici e la magistratura cercano di stabilire se ci sono e di chi sono le responsabilità penali per quel che è successo, gli uomini del servizio Foreste e Fauna della Provincia seguono con apprensione la sorte dei due cuccioli rimasti orfani. Hanno otto mesi. La femmina è stata catturata e marcata con due dispositivi auricolari che consentono di monitorarla. Ma controllarla non dà nessuna certezza di sopravvivenza.

Claudio Groff, responsabile dei grandi carnivori del servizio trentino Foreste e Fauna, dice con onestà: «Siamo convinti - e ce lo confermano anche molti esperti - che gli orsi orfani a 8-9 mesi d’età abbiano buone possibilità di sopravvivere. Ma questo non vuol dire che non rischiano nulla. La sopravvivenza non può essere una certezza e quindi nessuno di noi può escludere che muoiano. Era un rischio che conoscevamo e che abbiamo deciso di correre, anche perché l’alternativa di questi due cuccioli sarebbe finire in un’area recintata e vivere la vita in cattività: una cosa che non ha senso dal punto di vista etico».
Le insidie alle quali i due orsetti dovranno far fronte sono molte. Non sarà facile procurarsi cibo per accumulare abbastanza grasso per i mesi del letargo, per esempio. Hanno imparato dalla madre luoghi e modi per trovare alimenti vegetali e carne, sanno cosa mangiare ma cavarsela da soli non è la stessa cosa. Così piccoli e indifesi potrebbero essere predati. E poi non sarà facile individuare dove passare il letargo senza la comoda guida di mamma Daniza. «Anche con la madre accanto avrebbero avuto il 14% di possibilità di morire prima dell’anno di vita. È verosimile credere che senza di lei queste Esplora il significato del termine: possibilità crescano», considera Claudio Groff. Che però non vuole essere pessimista. Spera siano anche loro come l’altro orsetto - l’unico caso in trentino - lasciato andare da solo a sei mesi e sopravvissuto.
Ieri mattina un gruppo di forestali provinciali ha visto i due cuccioli nei boschi: erano assieme e si pensa che resteranno vicini anche nei prossimi mesi. Vicini, per vincere la paura. E sopravvivere. possibilità crescano», considera Claudio Groff. Che però non vuole essere pessimista. Spera siano anche loro come l’altro orsetto - l’unico caso in trentino - lasciato andare da solo a sei mesi e sopravvissuto.
Ieri mattina un gruppo di forestali provinciali ha visto i due cuccioli nei boschi: erano assieme e si pensa che resteranno vicini anche nei prossimi mesi. Vicini, per vincere la paura. E sopravvivere.

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Re: Un altro orso morto in Abruzzo

Ennesima vergogna nazionale. Schifo, schifo e ancora schifo.

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poveri orsi...
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